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Annamaria Anelli

Dopo Le parole per farlo, anche questa nuova serie scritta e condotta da Annamaria Anelli si occupa di parole. In particolare, di come le parole plasmano la nostra mente e le nostre emozioni.
“Dire” le cose con le parole giuste non serve solo a esprimerci meglio, serve prima di tutto a fare chiarezza in noi e ad aiutarci quando abbiamo bisogna di dare un senso a ciò che ci capita, per poi andare avanti. Il lockdown ci ha chiesto di investire enormi risorse interiori per accettare e poi elaborare, tuttavia un qualsiasi periodo della vita in cui ci sentiamo in crisi richiederebbe uno sforzo simile. Quindi? Quindi, con l'aiuto di esperti, creativi e riferimenti letterari, affidiamoci al potere delle parole, per trasformare confusione e dubbi in risorse.
È nel momento in cui inizia a essere raccontabile che l'indicibile perde gran parte della sua carica negativa.
Considerate, allora, questo podcast come un piccolo blister di pillole di coraggio da consultare nei momenti difficili per trovare un po' di luce. Perché a questo servono le parole, alcune in modo particolare: a fare chiarezza nelle situazioni più complesse e a farci capire – in concreto - chi siamo e come siamo fatti. Tutto sta nell'imparare a usarle.


Parole per conoscersi

Chi l'ha detto che il concetto di mancanza dev'essere solo negativo? I dizionari, forse. Ebbene, in questa puntata vi invito a riscrivere con me la definizione di “mancanza”, per svincolarci da quella comune e dotarci di una visione positiva delle nostre possibilità e del nostro futuro. Ci serve perché, se le parole costruiscono il mondo, allora è meglio farlo con le parole che ci corrispondono, cioè quelle che ingenerano fiducia. 
Di parole che costruiscono e infondono speranza ho parlato con Francesca Folda, giornalista e global communication director di Amani Institute. Con il suo post su Linkedin intitolato Un’idea di futuro di cui ci si possa innamorare ha fatto innamorare del concetto generativo di futuro migliaia di persone (compresa me, come si può capire). E poi ho parlato di mancanza con qualcuno che l’ha persa e, faticosamente, la sta riconquistando, in sella a una bicicletta.

Mancanza

Ma davvero il silenzio ci fa paura perché lo visualizziamo come un grande buco nero dentro il quale tutto sparisce? O meglio, siamo sicuri che il silenzio sia vuoto? In questa puntata voglio convincervi dell’opposto: il silenzio è il posto delle parole, perché aiuta a scegliere quelle giuste. Come scrive la poetessa Chandra Livia Candiani, il silenzio semina, le parole raccolgono. E chi ha saputo spiegare benissimo quanto il silenzio sia in realtà il modo per smerigliare le nostre parole è Nicoletta Polla-Mattiot, che il silenzio, appunto, lo insegna. E poi, Maria Angela Soldà, guida turistica fiorentina, mi ha raccontato della ginnastica mentale che fa fare ai suoi clienti proprio per aiutarli a creare un silenzio, inteso come spazio interiore, adatto a “ricevere” le opere d’arte.

Silenzio

Mettere cura nella loro scelta significa pensare che le parole hanno, tutte, sempre, un impatto su chi le riceve. Se la politica vuole curare la propria relazione con i cittadini, per rendersi e renderli migliori, deve curare le parole che usa, imparare a rendere chiari e lineari i propri discorsi, ma anche a evitare sciatterie e volgarità.
La sfida, la vera sfida, è rendere i contenuti accessibili, mantenendoli sani e rispettosi. Il che significa iniziare a considerare i cittadini e le cittadine interlocutori autorevoli. In questa puntata mi confronto con le parole precise e lungimiranti di Diego Amenduni, esperto di comunicazione politica.

Politica

Di solito, compriamo casa in un determinato luogo per rispondere a uno scopo pratico. Lo spazio, la vicinanza a qualcosa o la distanza da qualcosa. Ma, in realtà, il perché di una casa non corrisponde soltanto a un bisogno: il perché ha a che fare molto di più con il senso che quei metri quadrati rivestono per chi li abita. E forse, adesso che in casa ci stiamo di più, anche per lavorare, chissà che il suo perché non lo ritroviamo dentro di noi. In questa puntata parlo di saloni di ordinanza e di smart working con Cristiano Carriero, che nella vita si occupa di comunicazione; di finestre sul mondo con Matteo Pericoli, che è un architetto e un illustratore; e parlo di punti di vista con Emanuela Pulvirenti, strepitosa insegnante di disegno e storia dell’arte.

Casa

E se imparassimo a raccontare e a raccontarci le crisi che affrontiamo nella nostra vita come viaggi in mare, i periodi difficili come traversate, i momenti più bui come tempeste da cui uscire avendo negli occhi il prossimo approdo? Di certo faremmo il pieno di speranza e non di paura, come succede quando paragoniamo i momenti critici a guerre da combattere e a nemici da uccidere.
In questa puntata mi regalano il loro punto di vista Luigi Rognoni - velista e velaio - che le tempeste, in mare, le affronta sovente, e Anna Chierichetti - cantante lirica - che con il suo canto porta, ogni volta, chi la ascolta a fare viaggi meravigliosi nel tempo e nello spazio.

Viaggio

Come si fa a lasciar andare le cose o le persone che ci rendono felici? 
La sensazione di fatica connessa al lasciar andare il noto e il rassicurante è qualcosa che nel quotidiano conosciamo bene: lasciamo andare a malincuore un oggetto, un lavoro, un amore, una casa, l’idea che avevamo di una persona o un credo politico, ma alla fine ci adeguiamo in fretta al nuovo.
Quando, però, arriva una situazione straordinaria, o comunque inedita, per un momento usciamo dal flusso, ci scuotiamo e ci interroghiamo.
In questa puntata ho chiesto aiuto e direzione a quella meravigliosa terapeuta e insegnante di Mindfulness che è Nicoletta Cinotti. Mentre Emiliano Poddi, scrittore e docente di narrazione, mi ha raccontato come è riuscito a lasciar andare la carriera di sportivo a cui teneva più di tutto.

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